Società concava, politica convessa: geometrie a confronto

Non ci sono più spazi di manovra. L’ultima indagine Demos sul rapporto tra gli italiani e lo Stato fotografa questo dato in maniera impressionante. Non solo si sta peggio (tutti i principali indicatori sono in negativo, nel 2013, per percentuali variabili tra il 50 e l’80% degli italiani): non si crede più che le cose potranno migliorare, almeno a breve termine. All’ingrosso, a seconda degli indicatori: un terzo degli italiani pensa che nel 2014 le cose peggioreranno, un terzo che rimarranno stabili, un terzo che miglioreranno. La fiducia nella politica crolla ulteriormente, inesorabilmente, anno dopo anno (anche quella locale, regioni e comuni: che, privi ormai di risorse, non sono più in grado di rispondere ai bisogni – anche di appartenenza – dei propri cittadini). Il fatto è che la società e il potere politico si muovono con logiche diverse: in base a geometrie diverse, verrebbe da dire.

La società è concava: e lo è sempre di più. Perché è più magra, dopo anni di crisi: sempre più spremuta (anche dalla politica, nella forma di oppressione fiscale e burocratica), sempre più in difficoltà. La politica, invece, è convessa: occupa spazi, deborda, è invadente. E non ha cambiato logica di funzionamento. La crisi (economica, ma anche di fiducia, e di solidarietà, con l’indebolimento dei legami sociali) ha intaccato radicalmente la società, ma molto meno la politica. Che forse non ingrassa più tanto, a spese della società: ma non dimagrisce, mentre la società deperisce continuamente. La politica è ancora solida, massiccia: non ha pagato lei il prezzo della crisi che pure, in larga misura, ha provocato. Ha subito qualche taglio, ma non rovesci di fortuna, così frequenti invece nella società, nel mondo del lavoro. Chi vive di politica, o di burocrazia inutile, o di amministrazione inefficiente, o di privilegi intollerabili, è ancora lì a farlo, in larga misura. Ma una politica che non condivide il destino della società, che non la accompagna, non può pretendere di guidarla, e forse non sa nemmeno come farlo, in quale direzione.

La società ha bisogno di contenuti. Di essere riempita: di possibilità, di speranze, di obiettivi, di occasioni. La politica, riempita quasi solo di se stessa, non è capace di farlo. La società ha fretta: vuole azioni, vuole decisioni. La politica è ancora troppo lenta. La società vuole risposte: la politica non le sa o non le riesce a dare.

Eppure qualche segno di speranza c’è ancora. L’analisi del passato è spietata. Ma le aspettative di miglioramento per il 2014, per gli italiani, si diversificano in maniera significativa: molto negative per se stessi e la propria situazione personale, ma un po’ più positive per la collettività. Solo il 25,8% degli italiani pensa che migliorerà il proprio reddito, mentre il 36,8% pensa che peggiorerà ulteriormente la pressione fiscale, o al massimo rimarrà stabile (il 30,3%). Ma ben il 41,9% pensa che migliorerà l’economia italiana e la credibilità internazionale dell’Italia (41,8%), e addirittura la politica italiana (41%). E’ un’apertura di credito preziosa. Basata su segnali ancora flebili, ma fortemente voluti e accompagnati dalla pubblica opinione, dal supporto attivo dei cittadini, dalla loro partecipazione: il cambiamento delle leadership dei principali partiti, un po’ di buoni propositi, un metodo di lavoro che da’ qualche primo segnale di cambiamento.

E’ importante che la politica li sappia cogliere, questi segnali, e non li lasci cadere per l’ennesima volta. Quella degli italiani è tutto tranne che una fiducia cieca. Al contrario, dopo anni di disillusioni vogliono una svolta pragmatica, operativa, visibile. E la vogliono in fretta. Non entro il 2014. Già domani.

C’è ancora chi spera nella politica, in “Mattino” Padova, “Tribuna” Treviso, “Nuova” Venezia, “Corriere delle Alpi”, 4 gennaio 2014, p. 1

Timidissimi segnali di fiducia, in “Gazzetta di Reggio”, 4 gennaio 2014, p.1